Sono qui raccolti alcuni dei testi dei canti facenti parte dello sterminato repertorio più o meno “ufficiale” del coro

Alla Patria

Italia nord-ovest
Musica e parole: Tradizionale
Armonizzazione: T.C. Edelweiss

Ben poche notizie si sanno di questo bellissimo canto popolare certamente nato, come tanti altri di questo genere, nel periodo delle grandi guerre e forse anche prima. Il tema è sempre quello della tragedia dell’addio e l’incertezza del ritorno dalla guerra. Questi canti sembravano un ricordo di un tempo lontano, ma la triste realtà della cronaca di questi giorni rende quanto mai attuale il sentimento di precarietà di ogni partenza per il fronte, ugualmente oggi come tanti anni fa.

Alla Patria vola il mio pensiero,
alla mamma ed al casolar.
Nel silenzio volerla piangere,
quando penso all’ora di partir.

L’altra sera sotto il pergolato
il mio amore forte mi baciò.

lo scherzavo mentre lei piangeva
quando strinsi al petto la sua man.

O gran Dio, tu che sei nei cieli
esaudisci questo mio pregar.
Fa ch’io veda il mio primo amore
dalla guerra presto ritornar.

Bonsoir mes amis

Piemonte
Musica e parole: Popolare
Armonizzazione: LF. Edelweiss

Probabilmente originario delle valli occitane del Piemonte e qui diffuso e cantato, questo canto forse è stato portato in Italia dalle truppe napoleoniche o da qualche armata francese. In lingua francese ci racconta l’addio di un capitano, ferito a morte in battaglia, ai propri soldati. Si fa portare penna e calamaio per scrivere l’addio alla sua bella e muore sereno, consapevole di aver fatto il proprio dovere di soldato.

J’entend la voix de ma patrie
qui m’appelle dans le combat
le tambour bat la generale
c’est aujourd’hui notre départ.

Bonsoir mes amis,
bonsoir mes amis, bonsoir.

Tout en rentrand dans la bataille
du premier coup je suis blessé
d’une blessure si profonde
mon sang coulait de tout coté.

Apportez moi un écritoire
avec de l’encre du papier blanc
je veux écrire à ma maitresse
qu’ elle se cherche un autre amant.

Bonsoir mes amis,
j’ai fait mon devoir
oh mes amis bonsoir.

Sento la voce della mia patria
che mi chiama alla battaglia
il tamburo batte la generale
è oggi la nostra partenza.

Buona sera amici miei
buona sera amici miei, buona sera.

Appena entrato in battaglia
al primo colpo vengo ferito
d’una ferita così profonda
che il mio sangue colava d’ogni parte.

Buona sera amici miei

 io ho fatto il mio dovere
oh miei amici buona sera.

Portatemi uno scrittoio
con inchiostro e carta bianca
voglio scrivere alla mia signora
che si cerchi un altro amante.

Buona sera amici miei io
ho fatto il mio dovere
oh miei amici buona sera.

La canzone della Julia

Canto degli Alpini
Musica e parole: Popolare
Armonizzazione: Edelweiss

Una canzone della seconda guerra mondiale, nota anche come “Il 16 settembre”, dedicata alla sventurata campagna nei paesi balcanici e in Grecia; una guerra non sentita e mal sopportata, mal organizzata e con armamento inadeguato, ma – come sempre per gli alpini – coraggiosamente condotta. Alcuni testi sono assai più militaristi, nella versione cantata dal coro Edelweiss in una sua armonizzazione, si è preferita la versione più ironica e scanzonata, dove gli alpini si descrivono “motorizzati a piedi” e sperano nel sospirato congedo.

Il 16 settembre, chi mai se l’aspettava?
la cartolina è giunta, ci tocca di partir.
Ci tocca di partire con la tristezza in cuor
lasciando la morosa con gli altri a far l’amor.
Da Udine partiti per Bari siam passati
Durazzo siam sbarcati, in Grecia destinà.

Motorizzati a piedi, la piuma sul cappel,
lo zaino affardellato, l’Alpino è sempre quel!

La vita albanese per noi non è cortese,
l’è meglio da borghese lontano dal cannon.
Ma pur verrà quel dì che canterem così:
“Finita è questa naja, a casa congeda!”.

A Torino piazza San Carlo

Piemonte
Musica e parole: Popolare
Armonizzazione: T.C. Edelweiss

Un canto che ci viene dall’inizio dell’800, quando pochi coraggiosi patrioti italiani lottavano per costruire l’unità d’Italia, che si sarebbe realizzata solo nel 1861 e completamente solo nel 1918. Fra questi valorosi vi furono anche alcuni giovani torinesi che a più riprese, tra il 1820 ed il 1828, dovettero affrontare per le loro idee carbonare il carcere e la morte per impiccagione. Non c’è odio né rimpianto in questo canto di uno dei condannati a morte dal re Carlo Felice, non a caso soprannominato Carlo “il feroce”. La sentenza veniva affìssa in piazza San Carlo e lì eseguita. Traspira da questo bel canto solo la fierezza del giusto e l’aspirazione alla libertà, cosicché può essere associato naturalmente ad analoghi canti dei condannati a morte della Resistenza, oltre un secolo dopo.

A Torino, piazza S. Carlo
là ci sta scritta una gran sentenza.
Cara Rosina, porta pazienza
se alla morte mi tocca andar.

Se alla morte io me ne vado
io me ne vado ‘nocentemente!
Che cosa mai dirà la gente?
Dirà:”Che barbaro! Che crudeltà”.

O mare mia, o mia Rosina
non aspettate inutilmente
Nessun difendere dell’innocente
contro il Feroce la libertà;

nessun difendere, nessun saprà
contro il Feroce la libertà.

Al reggimento

Piemonte – Canto degli Alpini
Musica e parole: Popolare – Piemontese
Armonizzazione: Edelweiss

Canto degli Alpini in dialetto piemontese, noto a partire dagli anni ’30 del secolo scorso, viene ricordato anche con versioni leggermente diverse e con altri titoli: “Sai nèn perché” (Grassa 1930 e ANA Torino 1931), “A la matin bonora”, “I dispiasì d’noiatri povri alpin”. Narra in tono autoironico le disavventure della vita di caserma, tra marce faticose, disciplina e rancio immangiabile, cui gli alpini reagiscono con bonaria contestazione.

A la matin bonora a’n fan levé
a’n pòrto ‘n piassa d’armi a fé istrussion
a’n fan marce an avanti e péui’ndaré
e n’iaotri pòvri alpini ‘n fan mal i pé!

Sai nen perché ‘n fan mal i pé
A’s marcia mal ‘n sij marciapé.

Festa dèi reggimento rancio special
a’n dan la pastasuita senssa’l formag
a’n dan cò i salamini ch’a’n fa sté mal
e noi marcoma visita a l’indoman!

Sai nen perché’n fan mal i pé
A’s marcia mal ‘n sij marciapé

Patacin patacian
che vita da can, senssa pan.
Sacramento che rovina,
sempre sempre disciplina!
La gavetta il gavettin,
la giberna il gibernin
la rivista del bottin,
la rivista del bottin!

Alla mattina di buon’ora ci fanno alzare
ci portano in piazza d’armi a fare istruzione
ci fan camminare in avanti e poi indietro
e a noialtri poveri alpini ci fan male i piedi!

Non so perché ci fan male i piedi
si cammina male sui marciapiedi.

Festa del reggimento rancio speciale
ci danno la pastasciutta senza il formaggio
ci danno anche i salamini che ci fan star male
e noi marchiamo visita all’indomani!

Non so perché ci fan male i piedi
si cammina male sui marciapiedi.

Se chanto

Piemonte occitano
Musica e parole: Popolare
Armonizzazione: G. Sportelli

“Davanti alla mia finestra c’è un uccellino, tutta la notte canta, canta la sua canzone. Se canta, che canti! Non canta per me, canta per la mia amica che è lontana da me. Montagne che siete così alte, abbassatevi, perché io possa vedere i miei amori”. Questo poetico canto occitano, universalmente noto in una vasta regione che va dalle valli del Cuneese fino alla Catalogna, è divenuto a furor di popolo l’inno ufficiale dell’Occitania. La pronuncia e la scrittura occitane sono molto diverse da una regione all’altra ed anche tra una valle e l’altra. La nostra versione si avvicina a quella conosciuta e cantata in alta Val Pellice.

Devant de ma fenestro i à un auzeloun
touto la nuech chanto, chanto sa chansoun.

Ref. Se chanto que chante chanto pa per iou
chanto per ma’mio qu’es da luenh de iou.

Devant de ma fenestro à un amendié
que fa de flour blanco coume de papié.

Ref. Aquelos mountanhos que tant autos soun
m’empacihoun de veire mes amour ount soun.
Ref. Aquellos mountanhos tard s’abaisaran
e mes amourettos se rapproucharan.

Davanti alla mia finestra c’è un uccellino
tutta la notte canta, canta la sua canzone.

Se canta, che canti!
Non canta per me,
canta per la mia amica
che è lontana da me.
Davanti alla mia finestra c’è un mandorlo
che fa dei fiori bianchi come la carta.

Se canta, ecc
.
Quelle montagne che sono tanto alte
mi impediscono di vedere dove sono i miei amori.

Se canta, ecc.

Quelle montagne si abbasseranno
e i miei amoretti si avvicineranno.

Se canta, ecc…

Ce bjelis maninis

Friuli
Musica e parole: Popolare
Armonizzazione: G. Mazzari

“Che belle manine, manine da amare, che t’ha fatto la tua mamma… Va via, va piano, stai fermo con le mani… Ohi, bambina d’amore”. Questo dolce canto friulano, in dialetto ladino-carnico, ci viene da un’anonima “viilotta” delle prealpi vicentine dei primi anni dell’800. Ripresa e armonizzata da Gino Mazzari ci restituisce intatta nel tempo la freschezza e la tenerezza del sentimento dell’amore.

Ce bjelis maninis
Maninis d’amor
Lis a fatis la marna to
Va’ju, va’ pian,
sta fer cu lis mans
Ohi bambinute d’amor.

Le sette suonava

Ignota
Musica e parole: Popolare
Armonizzazione: A.Tieppo

Un canto di sapore ottocentesco, dal tono leggermente malizioso, con l’esplicito adescamento di un giovane studente da parte di una ragazza di strada, non lontana parente della Bohème o della Traviata. Ma subito corretto dalla rigida morale borghese, che può ammettere l’amore mercenario in un momento di distrazione dal dovere scolastico, ma certamente non il matrimonio. Se ne lamenta la ragazza, che però viene prontamente respinta, in quanto “donna perduta”.

Le sette suonava
Studente passava
Elvira chiamava:
“Studente vien qua!”

“Venire non posso
Lo studio mi preme
Amarci conviene
Sposarci noi no”

“Allora studente
Mi vuoi tu lasciare
Per quale ragione
Mi vuoi tu lasciar?”

“Ragione l’è questa
Sei donna perduta
Nel male sei caduta
Non sei più per me!”

Tramonto aquilano

Abruzzo
Musica: G. Bronzetti Parole: E. Mari
Armonizzazione: R Mantini

Canzone d’autore, del maestro Bronzetti, che con grande semplicità riesce a descrivere egregiamente il sentimento di ammirazione contemplativa di un tramonto sulle splendide montagne dell’Abruzzo. Insieme a”J’Abruzzu” è divenuto in breve tempo il cavallo di battaglia di tutti i cori abruzzesi.

Quannu tramont ju sole sopra Roju
E pe’ ji cielu è tutto ‘nu sfavillu
D’azzurru e de lillà
Oh com’è beiju ju Gran Sassu
Che pare incendiatu
Che pare incendiatu

Tu jiou guardi cuscì
Co* l’anima incantata
Co’ i occhi inumiditi
E non se po’ parla

E ‘na nuvoletta va
Pianu pianu va

Quannu tramont’ju sole arrète a Roiu
e nera l’ombra cala a pocu a pocu
pe’ tutta la città
lascio la gente e vajio addo’
m’aspetta la quatrana, m’aspetta la quatrana.

Ce ne jemo cuscì
co’ l’anema ‘ncantata,
e stemmo ammutoliti
le stelle a contempla.

E la luna’n cielu va
passa bianca e va.

Non aprite quella porta

Toscana
Musica e parole: A. Baggiani
Armonizzazione: A. Buggiani

Un canto allegro e scanzonato,quasi una filastrocca per bambini, del maestro Buggiani del coro Monte Sagro di Carrara ; inizia con l’evocazione del lupo cattivo e prosegue con la ripetizione ossessiva dell’ammonimento che generazioni di bimbi hanno sentito dai genitori e dai nonni:”non aprite quella porta, se la mamma lì non c’è”.

Il lupo ha le zampe nere ed il vocione grosso.
Non aprite quella porta non aprite quella porta.
C’è gente che vi dice d’essere quello che non è.
Se non siete ben sicuri che di là ci siano amici.
Non aprite quella porta se la mamma fi non c’è.
Non aprite quella porta!

Entorno al foch

Trentino
Musica e parole: Popolare
Armonizzazione: A. Benedetti Michelangeli

Pochi canti come questo trentino sanno rendere intatta l’atmosfera di una famiglia attorno al camino nell’attesa che la minestra finisca di bollire. La mente di tutti vaga su per il camino, seguendo i guizzi capricciosi e imprevedibili del fuoco, e intanto si parla del più e del meno, si canta, si pensa ai propri cari che non ci sono più, si fantastica e ci si dimentica quasi di dove si è. Poi all’improvviso la minestra bolle. Splendida e rispettosa l’armonizzazione del grande maestro Arturo Benedetti-Michelangeli.

Entorno al fòch se canta,
entorno al fòch se varda
entorno al fòch se parla
sedis”come lava?”

Boia d’una minestra bòi, bòi!

Se smorza na fiamela
Se’mpiza’n toch de zoca
se tira in qua la boza
e se sta lì a vardar.

Boia d’una minestra bòi, bòi!

Se pensa a la morosa
a nossa pora marna
se ‘mpiza n’altra fiama
che la va drita al cor.

Boia d’una minestra bòi, bòi!

Su per la capa nera
‘na fila de comete
per tute ‘ste lumete
se se poi desmentegàr…

…labòie!

Intorno al fuoco si canta
intorno al fuoco si guarda
intorno al fuoco si parla
si dice “come la va?”

Boia d’una minestra bolli, bolli!

Si smorza una fiammella
si accende un pezzo di ciocco
si tira in qua il fiasco
e si sta lì a guardare.

Boia d’una minestra bolli, bolli!

Si pensa alla morosa
alla nostra povera mamma
si accende un’altra fiamma
che va dritta al cuore.

Boia d’una minestra bolli, bolli!

Su per la cappa nera
una fila di comete
per tutte queste piccole luci
ci si può dimenticare…

…bolle!

Era nato poveretto

Lombardia
Musica e parole: Popolare
Armonizzazione: A. Benedetti Michelangeli

La grande capacità popolare di trasformare le vicende tragiche e dolorose in filastrocche scherzose ed ironiche, e testimoniata da questo canto di origine lombarda, che prende a pretesto la nota propensione degli italiani per la pasta, per sdrammatizzare la tragedia della fame e della guerra. La gustosa armonizzazione di A. Benedetti Michelangeli asseconda con maestria il tono paradossale del canto.

Era nato poveretto
senza casa e senza tetto,
ha venduto i suoi calzoni
per un piatto di maccheroni.
Tra la la la….

Era nato in quel di Napoli
lo tenente era di Sassari
e si davan dei lapponi
per un piatto di maccheroni.
Tra la la la….

Un gran piatto d’insalata
quattro uova e una frittata
e sessantasei vagoni
tutti pieni di maccheroni
Tra la la la….

Se vuoi vincere la guerra
sia per mare sia per terra
fa in maniera che i cannoni
siano pieni di maccheroni.
Tra la la la….

La mia bela la mi aspeta

Lombardia
Musica e parole: Popolare
Armonizzazione: A. Benedetti Michelangeli

Questo antico canto lombardo, di origine bresciano-bergamasca, tornato d’attualità durante la prima guerra mondiale, ripropone il tema della nostalgia di chi sta al fronte per la propria bella e per le proprie montagne. Il maestro A. Benedetti-Michelangeli ha saputo conservare con un’armonizzazione semplice e sapiente i sentimenti profondi di questo nostalgico canto popolare.

La mia bela la mi aspeta,
ma io devo andare alla guera
chissà quando che tornerò.

L’ho ‘ardada a la finestra,
ma io devo andare alla guera
la mia bela aspeterà.

Il nemico è là in vedeta.
Oh montagne tute bele
Val Camonica del mio cor.

Ferdinando s’innamora

Trentino
Musica e parole: Popolare
Armonizzazione: R. Dionisi

Appartiene al filone dei canti educativi questo “Ferdinando s’innamora” che ci viene dalTrentino in una accattivante armonizzazione del maestro Dionisi. La musica allegra e saltellante contrasta vivamente con la gravità delle parole ammonitrici, nei confronti delle giovani innamoratele l’ò deto tante volte che a far l’amore, che a far l’amore ci vuol giudizio, tuti gli uomini l’ano quel vizio e d’inganare, e d’inganare la gioventù, sì la gioventù.

Ferdinando s’innamora
e d’una bella e d’una bella ragazeta
che di nome era Liseta,
l’è fata aposta per far l’amor
sì per far l’amor.

Di frequente la conduceva
la giù fra i boschi, là fra i boschi profondi oscuri
là le tolse i suoi onori
e a la fine, a la fine Parbandonò,
sì Parbandonò.

Te l’ò deto tante volte
che a far l’amore, che a far l’amore ci vuol giudizio
tuti gli uomini l’ano quel vizio
e d’inganare, e d’inganare la gioventù,
sì la gioventù.

La maitinade del Nane Periot

Trentino
Musica: Popolare
Parole: G. Dorigatti
Armonizzazione: L. Pigarelli

Maitinade è una serenata trentina fatta di mattino. E questa simpatica ed allegra serenata – armonizzata da Luigi Pigarelli – è dedicata ad una ragazza della zona di Monte Baldo, a cavallo tra il lago di Garda e la valle dell’Adige. Il protagonista di questa storia, palesemente innamorato della sua bella, cui dedica versi di grande poesia, non coronerà il suo sogno di matrimonio perché la madre di lei non vuole o non è in grado di pagare la dote della ragazza.

La mé morosa l’è da Monte Baldo,
eia la’mpiza’l fòch e mi me scaldo.
La mé morosa per en prà la core
dove la mete ‘n pé ghe nasse ‘n fiore.

Ghe nasce un fiore po’ ghe nasc ‘na rosa
Dove la mete’n pè la me morosa
Leva su bela che leva la luna
le verze cote e la polenta fuma.

Leva su bela da quel cossineto
quattro parole e poi ritorni a leto.
La marna mia per non farmi dota
la m’à ligà la pancia con ‘na stropa!

Fa la nana

Piemonte
Musica: Raf Cristiano
Parole: N.Ambrosacchio
Armonizzazione: Raf Cristiano

Un filone interessante della musica popolare di oggi è quello che tenta di riproporre alla sensibilità musicale odierna i temi e l’atmosfera dei canti di montagna, ma con parole e musiche di autori contemporanei.
Ci ha provato anche il maestro Raf Cristiano, con questa delicata ninna nanna in dialetto piemontese, con parole del nostro corista Nicola Ambrosacchio, sul tema del papà morto in guerra da valoroso alpino e della speranza di una pace che stenta sempre ad affermarsi nel mondo.

Fa la nana, fa la nana,
fa la nana me bel bambin.
Fa la nana me bel bambin,
fa la nana me bel tesor.

Fa la nana me bel bambin
che la marna prega per ti
tò papà l’è ‘ndait alpin
‘I sò ricòrd a l’è drinta mi.

Seugna seugna me bel cit seugna
seugna i bei angej del Signor
la tua marna té sta daosin
e ta scaoda con al sò amor.
Din don din don
din don dan din don dan

La campana che at’ compagna
co’l batòcc ca va su e giù
chila’t dis che papalino
an montagna l’è sta perdù.

(recitativo:
Desvijte nen, riposa ancora,
dal canon l’è pi nen l’ora,
desvijte nen, riposa ancora)

Fa la nana fa la nana
fa la nana me bel bambin
seugna seugna seugna ancora
la speranssa che l’hai per ti
a l’è che la guera a i sia mai pi.

Seugna seugna bel bambin,
che la mama prega per ti
la speranssa che l’hai per ti
a l’è che la guera a i sia mai pi.

Nina nana nina nana
beli’ alpin a resta lassù.

Fa la nanna, fa la nanna
Fa la nanna mio bel bambin
Fa la nanna mio bel bambin
Fa la nanna mio bel tesor.
Fa la nanna mio bel bambin
Che la mamma prega per te
Tuo papà è andato alpino
Il suo ricordo è dentro di me.
Sogna sogna mio bel piccino
Sogna i begli angeli del Signore
La tua mamma ti sta vicino
E ti scalda col suo amore

Din don din don
din don dan din don dan

La campana che ti accompagna
Col battacchio che va su e giù
Lei ti dice che paparino
In montagna si è perduto,

(recitativo:
Non svegliarti, riposa ancora,
non è più l’ora del cannone,
non svegliarti, riposa ancora)

Fa la nanna, fa la nanna
Fa la nanna mio bel bambin
Sogna sogna sogna ancora
La speranza che ho per te
È che la guerra non ci sia mai più.


Sogna sogna bel bambino
Che la mamma prega per te
La speranza che ho per te
E che la guerra non ci sia mai più.

Ninna nanna ninna nanna
Bell’alpino resta lassù.

La forssa d’j Alpin

Piemonte
Musica: A. Corghi
Parole: N. Costa
Armonizzazione: A. Corghi

Nel’anno 2000, in occasione del cinquantenario del Coro Edelweiss, il Maestro Azio Corghi ha composto e dedicato al coro una raccolta di 5 composizioni originali, sotto il nome di ALPINCORD. Il primo di questi brani, intitolato “La forssa d’j Alpin”, con parole del poeta piemontese Nino Costa, è stato eseguito in prima assoluta dal Coro Edelweiss al Teatro Regio di Torino il 3 novembre 2000. Viene qui proposto per la prima volta in incisione, come omaggio al grande maestro contemporaneo e agli alpini, la cui forza -paragonata dal poeta piemontese Nino Costa allapotenzadella valanga-viene magistralmente evocata da una composizione di musica contemporanea atipica per i cori tradizionali di montagna, ma di grande efficacia evocativa.

Nòstra fòrssa l’è pà come ‘I torent
ch’a sauta, sghignofland, da ròch an ròch,
e gonfi d’acque piturà’d paciòch,
s’a vai per des a fa’d ciadel per sent.

Nòstra fòrssa l’è pà cola del vent
ch’a romp le rame d’j’erbo a tòch per tòch
e ch’a trasporta con le frange e i fiòch,
le nivole traverss al firmament

La nòstra l’è la fòrssa d’Ia valanga,
l’ha mach un cri- un sol – quand ch’a lo sento
fin-a i luv d’Ia montagna a sé spavento.

L’è la fòrssa d’Ie fioche senssa fanga:
quand che dai brìch a calo giù ‘nt la bassa,
tuti ai fan largo e la valanga a passa.

La nostra forza non è come il torrente
che salta, sogghignando, di sasso in sasso,
e gonfio d’acque dipinte di porcheria,
se vale per dieci fa baccano per cento.

La nostra forza non è quella del vento
che rompe i rami degli alberi pezzo per pezzo
e che trasporta con le frange e i fiocchi,
le nuvole attraverso il firmamento.

La nostra è la forza della valanga,
ha solo un grido -uno solo-: quando lo sentono
anche i lupi della montagna si spaventano.

E’ la forza delle nevi senza fango:
quando dai monti scendono giù nella bassa
tutti gli fanno largo e la valanga passa.

Signore delle cime

Veneto
Musica e parole: B. De Marzi
Armonizzazione: B. De Marzi

Tra i canti di montagna d’autore contemporaneo merita una citazione speciale questo canto di Bepi De Marzi.Tra le decine di sue composizioni, nessuna come questa ha saputo colpire il cuore e la fantasia di generazioni di amanti della montagna. Non c’è concerto al termine del quale il pubblico non reclami questo bis, segno indubbio di un successo meritato e che il Coro Edelweiss intende onorare con questa sua registrazione.

Dio del cielo,Signore delle cime
Un nostro amico hai chiesto alla montagna
Ma ti preghiamo, su nel Paradiso
Lascialo andare, per le tue montagne.

Santa Maria,Signora della neve,
copri col bianco soffice mantello
il nostro amico, il nostro fratello

Su nel paradiso
Lascialo andare, per le tue montagne.

La Montanara

Piemonte-Trentino
Musica e parole: T. Ortelli
Armonizzazione: L. Pigarelli

Occorrerebbe un libro per raccontare la storia fortunata della nascita e del clamoroso successo di questo canto, nato al Pian della Mussa nelle valli di Lanzo, quando un giovanissimo Toni Ortelli, in un momento psicologico particolare, colpito dalla morte in montagna di una guida amica, mise in musica e in versi l’ispirazione di un felice momento di contemplazione mistica. Era il lontano 1927. Armonizzato poi da par suo da Pigarelli, La Montanara entrò fin dagli anni ’30 nel repertorio della SOSAT prima e della SAT poi, divenendo rapidamente a furor di popolo l’inno ufficiale degli appassionati di montagna. Il canto è oggi universalmente noto e se ne conoscono versioni in tutte le principali lingue del mondo.

Lassù per le montagne,
fra boschi e valli d’or,
tra l’aspre rupi echeggia
un cantico d’amor.

La Montanara ohè
si sente cantare
cantiam la Montanara
e chi non la sa?

Lassù sui monti dai rivi d’argento
una capanna cosparsa di fior
era la piccola dolce dimora
di Soreghina, la figlia del sol.

Ama chi t’ama

Regione: Trentino
Armonizzazione: R. Dionisi

Una bella ragazza s’affaccia alla finestrella di una casa patrizia, portai capelli con lunghe trecce, ha una riga (la “mezurana”) in mezzo ai capelli, fissati con uno spillone che terminava con una stella (la “stella diana”). Il canto trentino (della Val Rendena) che ci descrive questa scena è una “maitinada” e appartiene ai canti di ammonimento, che in questo caso invita i giovani ad essere fedeli al proprio amore, per non doverlo poi amaramente rimpiangere.

Ama chi t’ama e non chi t’abbandona,
ama chi t’ama e non chi t’abbandona,
ama quel cor che sempre canta e sona.

Se l’abbandoni pensa a cosa fai
se l’abbandoni pensa a cosa fai
pensa a l’amato, o poi lo piangerai.
O le la la li le la….

Lo piangerai sì tante spesse volte,
lo piangerai sì tante spesse volte
come i capeli de le trecce vostre.

Le trecce vostre porta mezurana,
le trecce vostre porta mezurana,
in mezo al cor ci sta una stela Diana.
O le la la li le la….

O stela Diana o stela matutina,
o stela Diana o stela matutina,
la da splendor la sera e la matina.

La dà splendor su quela finestrela,
la dà splendor su quela finestrela,
casa l’è alta e la putela bela!
O le la la li le la….

Belle rose du printemps

Regione: Val d’Aosta
Armonizzazione: Teo Usuelli

E’ questo un antico canto valdostano di origine trovadorica, di cui esistono diverse versioni, alcune con testi assai espliciti e brutali, altri più concilianti. Anche le musiche sono talora brillanti e divertenti, altre più meditative, come questa versione che Teo Usuelli ha composto per il film Italia K2. Lento e solenne il ritmo, ampia e solenne la melodia che sembra riflettere la maestosità delle montagne tra le quali questo canto è nato.

Que fais-tu là-bas, ma jolie bergère,
belle rose du printemps?

Combien prends-tu pour ton salaire,
belle rose du printemps?

Cosa fai laggiù, mia bella pastora,
bella rosa di primavera?

Quanto prendi come tuo salario, 
bella rosa di primavera?

Che fai bella pastora

Regione: Trentino
Armonizzazione: A. Benedetti Michelangeli

E’ questa una delle 19 canzoni che Arturo Benedetti Michelangeli armonizzò per il coro della SAT alla fine degli anni 50. Il canto, originario del Trentino, dall’andamento allegro e scanzonato, racconta dell’impossibile corteggiamento diun arzillo vecchietto ad una bella ragazza. Ma nonostante leresistenze di lei, il vecchietto non si dà per vinto…

Che fai bella pastora
Che fai così soletta
A calpestar l’erbetta
Allo spuntar del dì

Su questi verdi prati
Allargo i miei armenti
Passo i miei dì contenti
E vivo in libertà

Oh, oh, oh, tralallallallalllallà

E voi che siete vecio
Che fate qui d’intorno
Allo spuntar del giorno
Con quel vasetto in man?

L’ho colto appena adesso
Fresco dal mio vasetto
Con gaudio e con diletto
Lo vengo a te portar

Oh, oh, oh, tralallallallalllallà

E voi che siete vecio
Pensate ai casi vostri
‘nfilzate padre nostri
L’amor lassela star

Non fate la ritrosa
Se anche son vecieto
Me sento robusteto
Giardino a coltivar

Chi è ‘l che bate

Regione: Trentino
Armonizzazione: Lunelli

Ancora un canto sul rapporto non sempre idilliaco tra innamorati, con il fitto dialogo tra i due fidanzati, che si rinfacciano accuse di tradimento e si rinnovano vicendevolmente giuramenti di fedeltà e di amore eterno.
Originario della val di Cavedine e probabilmente molto vecchio,, il testo di questo canto fu riesumato durante un convegno di artisti popolari nel 1934, a Trento. Dalla viva voce di un vecchietto di Calavano fu possibile avere la linea melodica, così interessante nella sua dinamica.

Toc toc toc, toc toc toc
Chi è ‘l che bate a la me porta?
Sono io il tuo Roberto
Che ha tanto e tanto sofferto
Per venirti a ritrovar

Me l’han detto i tuoi compagni
Che tu sei un traditore
Che tu vuoi levarmi l’onore
E lasciarmi a l’arbandon

Non è vero, Amelia mia,
che per te io mi consumo
come al fuoco si alza il fumo
io per te voglio morir.

Doman l’è festa

Regione: Trentino
Armonizzazione:Luigi Pigarelli

Questo canto trentino già presente nelle prime raccolte degli anni trenta della SOSAT, e magistralmente armonizzato da Luigi Pigarelli, si riallaccia alla tradizione dei canti di corteggiamento.

Doman l’è festa, non si lavora
g’ho la morosa da ‘ndà a trovar.

Vado a trovarla perché l’è bela
la g’ha ‘na stela in mezzo al cor.

La g’ha ‘na stela che la risplende
che la mi rende consolazion.

Era sera

Regione: Trentino
Armonizzazione: Luigi Pigarelli

Un canto probabilmente già noto nell’ottocento, durante il periodo del risorgimento, è stato poi ripreso e diffuso durante
la prima guerra mondiale: l’addio alla propria bella è mitigato dalla speranza di poter finalmente baciare i suoi capelli
là sul campo della vittoria.

Era sera di un giorno di festa
La mia bella mi stava accanto
Mi diceva: io t’amo tanto
Sì te lo giuro davanti ai tuoi piè.

I tuoi occhi son neri son belli
I tuoi capelli sono di oro
Per te vivo e per te moro
Sì te le giuro davanti ai tuoi piè

Dammi un ricciol dei tuoi capelli
Che li serbo per tua memoria
Là sul campo della vittoria
I tuoi capelli li voglio baciar

Gli Aizimponeri

Regione: Trentino
Armonizzazione: Edelweiss

Aizimpòneri è una traduzione popolare dal tedesco “Eisenbhaner”, gli operai ferrovieri che nella seconda metà dell’ottocento e nei primi anni del novecento erano addetti alla costruzione di strade ferrate. Questo canto nasce in Valsugana, proprio tra questi lavoratori: vi si mescola la voglia di evasione in un mondo migliore, unita al timore che andare lontano “di là dal mare” significhi lasciare definitivamente la propria terra

Alla mattina all’alba
si senton le trombe suonare, lerà,
son gli aizimponeri che vanno via
ciao bella mora mia, se vuoi tu venir.

Mi si che vegniria
ma dove mi condurrai, lerà?
Ti condurrei al di là del mare
là nella bella casa dell’aizimponà.

Quel al di là del mare
l’è tanto lontano da casa, lerà,
ma non ti lascio solo andar via
che dalla nostalgia mi sento morir.

J’Abbruzzu

Regione: Abruzzo
Armonizzazione: Edelweiss

Abruzzo, terra di grandi montagne, come il Gran Sasso e la Maiella, ma anche di splendide campagne che degradano verso il mare. La dolcezzadi questa terra è raccontata in questo bellissimo canto d’autore, che per la popolarità della sua melodia è entrato a pieno titolo nei canti popolari di montagna.

So’ sajitu aju Gran Sassu
so’ remastu ammutulitu:
me parea che passu passu
ji’ sajesse aj’ infinitu!
Quantu sole, quanta pace
che malia la ciaramella
ju pastore veja e tace
pare ju Diu de la Majella

Po’ so’ jitu alla Maiella
la montagna tutta ‘n fiore;
quant’e` bella, quant’e` bella
pare fatta pe’ l’amore!
Se recanta la passione
ju pastore a la montagna
ji responne ‘na canzone
daju mare a la campagna!

Son salito al Gran Sasso
son rimasto ammutolito:
mi pareva che passo passo
salissi all’infinito.
Quanto sole, quanta pace
che malia la ciaramella
il pastore veglia e tace
sembra il Dio della Maiella.

Poi sono andato alla Maiella
la montagna tutta in fiore;
quan’è bella, quant’è bella
pare fatta per l’amore!
Se canta la passione 
il pastore alla montagna
gli risponde una canzone
dal mare alla campagna.

Joli coeur

Regione: Piemonte
Armonizzazione: Janes

In un’area molto vasta e imprecisata tra il Piemonte e la Francia Meridionale è ambientata questa storia di innamoramento tra due giovani forse di nazioni diverse, e che tuttavia coroneranno il loro sogno d’amore, perché accomunati dalla stessa lingua e dalle stesse tradizioni. Il canto, in un arcaico dialetto franco-piemontese e armonizzato dal maestro Janes, la dice lunga sulla secolare vicinanza culturale tra il basso Piemonte ele regioni francesi a ridosso della Alpi.

“Dime ‘n po’, bel galant, bel giovo
doa seve ‘ncaminà?”
“‘Ncaminà son vers la Fransa
doa j’è la mia speransa
doa j’è me joli coeur!”

Bel galant a l’è stait an Fransa
a l’ha piase a spasigè.
A s’ascontra ‘nt ‘na Franseisa
ch’a parlava a la Piemonteisa:
“O monsieur basè moi bien!”

A l’ha pijala për soe man bianche
‘n gropeta a l’ha tirà.
A l’ha m’nala ‘n s’le colin-e
doa a j’è ij erbëtte fin-e,
doe tre vòlte a l’ha basà.

“E ades che l’eve basame
bel galant m’a sposerà!”
“A l’è lòn che mi pensava
a l’è lòn [che] desiderava,
dë sposè mè joli coeur!”

“Ditemi un po’, bel galante, bel giovane,
dove state andando?”
“Sta andando verso la Francia
dove c’è la mia speranza,
dove c’è il bel cuor mio”.

Il bel galante è stato in Francia
si è messo a passeggiare.
Si incontra con una Francese 
che parlava alla Piemontese:
“O signore, baciatemi ben!”.

L’ha prese per le sue mani bianche
l’ha trascinata avvinta.
L’ha portata sulle colline
dove ci sono le erbette fine,
due tre volte l’ha baciata.

“E adesso che mi avete baciata,
bel galante mi sposerà!”
“Era quello che pensavo,
era quello [che] desideravo,
sposare il bel cuor mio!”

La bergera

Regione:Piemonte
Armonizzazione: Pedrotti

Antichissima canzone piemontese, certamente di origine provenzale, e già nota nella raccolta ottocentesca di Costantino Nigra e in quella di Leone Sinigaglia, è praticamente cantata in tutto l’arco alpino occidentale ed anche nella relativa pianura. Fa parte di quella tradizione arcaica che – come in altre canzoni simili – prevede il dialogo di corteggiamento tra un “gentil galant” normalmente straniero (francese) e la bella pastora, che virtuosamente si nega, magari, come in questo caso, col valido aiuto del marito.

A l’ômbreta d’un bussôn
bela bêrgera a l’è ‘nduermia,
j’è da lì passè
trè joli franssè
a l’an dit: Bela bêrgera
vôi l’evi la frev!

E se vôi l’evi la frev
farôma fè na côvertura:
passerà la frev.
Ma la bela l’à rispondù:
Gentil galant fè vostr viagi,
e lasse-me stè
côn ‘l mè bergè
che al sôn de la sôa viola
mi farà dansè.

E ‘l bergè sentend lôli
l’è saôtà fora de la baraca
côn la viola ‘n man
s’è butà a sônè:
a l’an piait bela bergera,
l’an fala dansè

La mia bela la mi aspeta

Regione: Lombardia
Armonizzazione: Arturo Benedetti-Michelangeli

Questo antico canto lombardo, di origine bresciano-bergamasca, tornato d’attualità durante la prima guerra mondiale, ripropone il tema della nostalgia di chi sta al fronte per la propria bella e per le proprie montagne. Il maestro A. Benedetti-Michelangeli ha saputo conservare con un’armonizzazione semplice e sapiente i sentimenti profondi di questo nostalgico canto popolare.

La mia bela la mi aspeta,
ma io devo andare alla guera
chissà quando ritornerò.

L’ho ‘ardata a la finestra,
ma io devo andare alla guera
la mia bela aspeterà.

Il nemico è là in vedetta.
Oh montagne tutte belle
Val Camonica del mio cuor.

La testa malcontenta

Regione: Veneto
Armonizzazione: Chailly

Canto trentino, appartenente al ricchissimo patrimonio del coro della SAT, magistralmente armonizzato dal maestro Chailly, ben rende l’atmosfera insiemeironica e determinata dell’innamorato che, nonostante la pioggia, il freddo, e le spine, non desiste tuttavia di fare la posta alla sua bella, che immagina comodamente sdraiata su morbidi cuscini e su di un letto di lana, perché infine, sabato sera, forse la sua ostinazione verrà premiata.

Ti de dentro sui bianchi cuscini
e mi de for co’ la testa sui spini.
Dormi bela e dormi pur cara
‘na note sì amara non voglio passar.

Ma dammi la man,
t’abbraccia il mio cor
che sabato sera faremo l’amor!

Ti de dentro sui molli stramassi
e mi de for co’ la testa sui sassi.
Dormi bela e dormi pur cara
‘na note sì amara non voglio passar.

Ma dammi la man,
t’abbraccia il mio cor
che sabato sera faremo l’amor!

Ti de dentro sul letto di lana
e mi de fora la pioggia mi bagna.
Dormi bela e dormi pur cara
‘na note sì amara non voglio passar.

Ma dammi la man,
t’abbraccia il mio cor
che sabato sera faremo l’amor!

L’è ben ver che mi slontani

Regione: Friuli
Armonizzazione: Pedrotti

E’ una delle più note canzoni friulane, già presente nelle prime raccolte di canti di montagna del 1929. Racconta il dramma del distacco dell’emigrante dalle proprie radici; nel lasciare la sua terra, prega perché le montagne si abbassino e gli lascino ancora una volta vedere il suo paese natale e promette a se stesso e alla sua bella che un giorno tornerà. Armonizzazione del maestro Pedrotti.

L’è ben ver che mi slontani
dal pais ma non dal cur:
sta pur salde, ma ninine,
che jo torni se non mur.

Montagnutis ribassais
faime a mi un po’ di splendor
che te viode ance une volte
bambinute del Signor.

È ben vero che mi allontano 
dal paese, ma non dal cuore:
sta pur salda, bambina mia,
che io torno se non muoio.

Abbassatevi montagne
fatemi un po’ di splendore
che ti veda ancora una volta,
bambinetta del Signore.

Mezzanot

Regione: Trentino
Armonizzazione: Edelweiss

Questo delizioso canto, già contenuto in antiche raccolte di canti trentini ma curiosamente ignorato dalrepertorio della SAT di Trento, è stato riscoperto e riproposto dal coro Aspis di Milano. La storia semplice e poetica ci racconta di una serenata al chiaro di luna di un innamorato alla sua bella, complice una notte di luna che splende sull’Adige e tramonta dietro il monte Bondone. Il coro Edelweiss lo propone in una propria armonizzazione.

Mezzanot l’e` da ‘n pes za sonata
zo ‘n la val dorme ‘n pase tut Trent
varda bela che note ‘ncantada,
varda l’Ades che nastro d’argent.

No te vedi la luna che bela
la va zo pian pianin drio ‘l Bondon
no te par che la diga anca ela
toi Rosina, spalanca ‘l balcon!

Ma te dormi ti ‘ntant birichina
no te senti che canto per ti
mola zo la scaleta Rosina
se no vegno e la molo zo mi.

Mezzanotte è suonata da un pezzo
giù nella valle dorme in pace tutta Trento
guarda bella che notte incantata
guarda l’Adige che nastro d’argento.

Non vedi la luna che bella
va giù pian pianino dietro il Bondone
non ti sembra che dica anche lei
sù Rosina, spalanca il balcone!

Ma tu dormi, tu intanto, birichina
non senti che canto per te
molla giù la scaletta Rosina,
sennò vengo e la mollo giù io

Montagnes Valdotaines

Regione: Val d’Aosta
Armonizzazione: Edelweiss

Forse il più popolare canto valdostano, universalmente noto in tutte le Alpi; se ne conosce una variante
più antica proveniente dalle Alpi Meridionali francesi e dai Pirenei.
Canta la fierezza dei montanari e della loro vita semplice e felice.
Il maestro Usuelli ne compose una versione in minore, inserita nel film Italia K2, come colonna sonora
del funerale della guida valdostana Mario Puchoz.
Il coro Edelweiss la esegue nella più nota versione in una propria armonizzazione in tonalità maggiore.

Montagnes Valdôtaines
vous êtes mes amours,
cabanes fortunées
vous me plairez toujours.
Rien n’est si beau que ma Patrie,
rien n’est si doux que mon amie!
O montagnards chantez en choeur
de mon pays la paix et le bonheur.

Halte là, halte là, halte là
le montagnards son là!

Montagne Valdostane
voi siete i miei amori
capanne fortunate
voi mi piacerete sempre.
Niente è più bello della mia Patria,
niente è più dolce della mia amica!
O montanari cantate in coro
la pace e la fortuna del mio paese.

Alto là, alto là, alto là
i montanari son là!

Monte Canino

Regione: Alpini
Armonizzazione: Luigi Pigarelli

E’ questo uno dei più classici e conosciuti canti degli alpini, nato non si sa né come né dove, ma sicuramente nelle trincee della prima guerra mondiale. Musica e parole si fondono mirabilmente in un sentimento struggente di nostalgia e di rassegnazione.

Non ti ricordi quel mese d’aprile,
quel lungo treno che andava al confine
che trasportavano migliaia degli Alpini?
Su su, correte, è l’ora di partir.

Dopo tre giorni di strada ferrata
e altri due di lungo cammino
siamo arrivati sul Monte Canino,
e a ciel sereno ci tocca riposar.

Se avete fame guardate lontano,
se avete sete la tazza alla mano,
se avete sete la tazza alla mano:
che ci rinfresca la neve ci sarà!

Napoleon

Regione: Piemonte
Armonizzazione: Angelo Agazzani

Angelo Agazzani ha ritrovato e riproposto con un’armonizzazione dal timbro e dal ritmo militaresco questo canto dell’epoca napoleonica, dove la tradizione popolare ha fissato la propria interpretazione dei fatti storici del grande còrso. Non un’epopea eroica che ha cambiato la storia dell’Europa ma semplicemente una sventura per i poveri contadini, costretti dalla coscrizione obbligatoria, ad allontanarsi dalle proprie terre e ad andare a morire per una causa incomprensibile. Così che la storia di Napoleone viene ironicamente condensata in poche battute e la sua caduta viene festeggiata buttando i fucili nel fuoco e gettando i cappelli in aria, nella speranza che la guerra se ne sia andata per sempre.

La caserma degli Inglesi
fabbricata l’è in mezzo al mar
Napoleon coi suoi Francesi
la vuol farla sprofondar!

Napoleon l’è ‘ndait a Mosca
la soa armada a j’à lasà
peui ij Inglesi a l’ha pijalo
l’han meinalo ‘n mes al mar.

Napoleon l’à mandà a dije:
“Pòrtè piuma e caramal
scrivereu de la mia vita,
la mia vita ch’i l’hai pasà”.

Ralegreve, pare e mare,
ralegreve dij vòstri fieui
che la guera a l’è finija
e i fusij ij butroma al feu.

Camperoma i sacò ën aria
viva viva la libertà,
che la guera a l’è finija
e mai pì s’na parlerà!

La caserma degli Inglesi
fabbricata è in mezzo al mar
Napoleon coi suoi Francesi
la vuol farla sprofondar!

Napoleone è andato a Mosca
vi ha lasciato la sua armata,
poi gli Inglesi l’hanno preso
l’han condotto in mezzo al mare.

Napoleone ha mandato a dire:
“Portate penna e calamaio
scriverò della mia vita,
la mia vita che ho passato”.

Rallegratevi, padre e madre,
rallegratevi per i vostri figli
ché la guerra è finita
e i fucili li metteremo al fuoco.

Getteremo le berrette in aria
viva viva la libertà
ché la guerra è finita
e non se ne parlerà mai più.

Sui monti fioccano

Regione: Trentino
Armonizzazione: Luigi Pigarelli

Musica e parole di grande semplicità per questo canto nostalgico di origine popolare, certamente legato al periodo della grande guerra e dal tema della lontananza e del rimpianto.

Sui monti fioccano la neve s’avvicinano
ti scriverò Rosinano le pene del mio cor.

Ti scriverò ‘na lettera con le parole d’oro
ti scriverò tesoro la vita del soldà.

Venendo giù dai monti

Regione: Veneto
Armonizzazione: Zuccante

Di origine vicentina, questo canto armonizzato dal maestro Zuccante, si riallaccia alla tradizione dei canti popolari di corteggiamento, spesso ricchi di doppi sensi e qua là maliziosamente allusivi. Delle numerose strofe il coro Edelweiss esegue solo le prime cinque.

Venendo giù dai monti
trovai ‘na bella mora
la presi per morosa
la mi voleva ben.

La mi voleva bene
la mi compagna a spasso:
la mi compagna a spasso,
in mezzo al suo giardin.

In mezzo al suo giardino
ci sta una fontanella:
c’è l’acqua fresca e bella
per rinfrescare i fior.

Per rinfrescare i fiori
per rinfrescar le rose…
quelle da maritar.

Venendo giù dai monti
trovai ‘na bella mora
la presi per morosa!

Vien moretina

Regione: Piemonte – Trentino
Armonizzazione: A. Benedetti Michelangeli

E’ un canto praticamente noto in tutto l’arco alpino, e perciò se ne conoscono versioni un po’ in tutti i dialetti; certamente A. Benedetti Michelangeli, quando negli anni ’50 armonizzò questo brano per il coro della SAT conosceva anche la versione piemontese, così come la esegue il coro Edelweiss e come è attestata da raccolte degli anni ’40 in Piemonte.

Vien, vien, vien moretina vien
in campagna, in campagna,
vien, vien, vien moretina vien
in campagna a voltè ‘l fen.

Quand che ‘l fen sarà bin voltà
noi godroma, noi godroma,
quand che ‘l fen sarà bin voltà
noi godroma la libertà.

Noi godroma la libertà,
l’aria pura, l’aria pura,
noi godroma la libertà,
l’aria pura an mes ai prà.

Mezo ai prati e ‘n mezo ai fior
vien moretina, vien moretina,
mezo ai prati e ‘n mezo ai fior
vien moretina farem l’amor.

Vuoi tu venir in Merica

Regione: Trentino
Armonizzazione: Luigi Pigarelli

L’emigrazione, questa piaga che colpì ripetutamente l’Italia durante gli ultimi anni dell’ottocento e nei primi del novecento, rivive in questo antico canto, noto in tutto l’arco alpino e adattato di volta in volta ai vari flussi migratori che coinvolsero in particolare le popolazioni di tutto l’arco alpino. Ancora un canto di addio e di separazione tra le lacrime.

Vuoi tu venir, Giulieta,
vuoi tu venire con me
vuoi tu venire in Merica
a travagliare con me?

Mi sì che vegniria
se fuss da chi a Milan
ma per andare in Merica
l’è massa via lontan.

L’ho compagnato a Genova
m’ha di’ di starlo a spetar
l’è ‘nà sul bastimento
col fazzoletto bagnà.

Yogueli et Vreneli

Regione: Val d’Aosta
Armonizzazione: Edelweiss

Sono poche le notizie che abbiamo raccolto su questo canto valdostano, poco cantato ed eseguito pur essendo addirittura contenuto in un’antica raccolta di canti protestantipubblicata a Losanna attorno al 1940. Dunque un canto di area franco-provenzale, ovviamente in lingua francese, che esalta la vita semplice di due innamorati che lavorano da mattina a sera nei campi e vivono felici nella loro umile capanna.

Au flanc de la colline,
près des pommiers en fleurs
s’élève une chaumine
où règne le bonheur.
Car là Yogueli travaille en chantant
depuis le matin jusqu’au soir tombant!
Au flanc de la colline
près des pommiers en fleurs!
Ah! Ali ali ô, ali ali ô.

Là-bas vers la rivière
près d’un petit jardin
s’élève une chaumière,
la joie y bat son plein.
Car là Vreneli travaille en chantant
depuis le matin jusqu’au soir tombant!
Là-bas vers la rivière
près d’un petit jardin.
Ah! Ali ali ô, ali ali ô.

Sul fianco della collina,
vicino a meli in fiore
si alza una casetta
dove regna la fortuna.
Perché là Yogueli lavora cantando
dal mattino fino al calar della sera!
Sul fianco della collina,
vicino a meli in fiore!
Ah! Ali ali ô, ali ali ô.

Laggiù verso il fiume
vicino a un piccolo giardino
si alza una capanna,
la gioia vi risuona appieno. 
Perché là Vreneli lavora cantando
dal mattino fino al calar della sera!
Laggiù verso il fiume
vicino a un piccolo giardino.
Ah! Ali ali ô, ali ali ô.

Camerè, porta ‘n mez liter

Regione:Lombardia
Armonizzazione: R. Dionisi

Tipica canzone di osteria, proveniente dalla pianura lombarda, scherzosamente simula i cori dei bevitori un po’ brilli, ma spesso e volentieri a corto di soldi: o prima o poi qualcuno i conti li pagherà.

Cameré porta ‘n mez liter!

Cameré porta ‘n mez liter,
cameré porta ‘n mez liter,
cameré porta ‘n mez liter,
pagherò pagherò pagherò!

Gira la baracca, gira, gira,
fuori mezza lira per pagar!

Camerè porta ‘n mez liter!

Camerè porta quel negher
che ‘l piaseva anche a San Peder
camerè porta quel negher
pagherò pagherò pagherò!

Come farò se non ce n’ho,
al mio ritorno ti pagherò.

Cameré porta ‘n mez liter!

Cameré solo un bicchiere
se non vuoi farmi morire
te lo chiedo per piacere
pagherò, pagherò, pagherò!

Gira la baracca, gira, gira
fuori mezza lira per pagar!

Cameré porta ‘n mez liter!

Qualchedun, qualchedun, qualchedun…
pagherà!

I tre Re dell’Oriente

Regione:Sicilia
Armonizzazione: L. Pigarelli

Un canto siciliano che Luigi Pigarelli ha sapientemente rielaborato e armonizzato. I protagonisti sono sempre i mitici 3 re magi, che seguendo la stella, arrivano misteriosamente fino alla capanna per adorare il Banbino. Il brano si compone di due strofe solistiche e di un ritornello, che con il suo ritmo cantilenante che sembra voler cullare il divino neonato.

I tre Re dell’Oriente
quando intesero la nuova
ch’era nato il Re potente,
non sapevan dove fosse,
e si posero in cammino
per trovare il Re bambino.

Una stella su nel cielo
che faceva un gran splendore
tra la notte, il freddo e il gelo
per trovare il Signore;
nel più folto dell’inverno
per trovare il Verbo eterno.

La leggenda della Grigna

Regione:Lombardia
Armonizzazione: V. Carniel

Grigna e Grignetta sono due poderose montagne sopra Lecco, affacciate sul lago di Como. Meta da sempre di appassionati alpinisti e scalatori, è il soggetto di questa bella canzone del maestro Santucci. Musicando la leggenda della bella guerriera che ferisce a morte l’audace cavaliere che l’ama, l’autore ha inteso proporre la metafora trasparente della conquista della montagna come di un grande atto d’amore, che talora può essere tragicamente ricambiato con la morte.

Alla guerriera bella e senza amore
un cavaliere andò ad offrire il core.
Cantava: “Avere te voglio, o morire!”.
Lei dalla torre lo vedea salire.
Disse alla sentinella che stava sopra il ponte:
“Tira una freccia in fronte
a quello che vien su”.

Il cavaliere cadde fulminato
ma Iddio punì l’orribile peccato
e la guerriera diventò la Grigna,
una montagna livida e ferrigna.
Anche la sentinella che stava sopra il ponte
fu trasformata in monte
e la Grignetta fu.

Noi pur t’amiamo di un amor fedele
montagna che sei bella e sei crudele
e salendo ascoltiamo la campana
d’una chiesetta che a pregare chiama.
Noi ti vogliamo bella che diventasti un monte:
facciam la croce in fronte
non ci farai morir

Lu piante de le fojie

Regione: Abruzzo
Armonizzazione: Albanese-Pigarelli
Dal ricco patrimonio dei canti abruzzesi ci giunge questa ballata che racconta con musica agile ed efficace la ripetitività del lavoro della raccolta autunnale delle olive, quando la campagna e la montagna cominciano ad essere avvolte dalle nuvole. Solo la festosa canzone di una ragazza in cima ad una scala spezza il silenzio, ma è un canto nostalgico, che ci ricorda che un’altra stagione è passata e dice addio alle cose che inesorabilmente se ne vanno.

Lu ciel’ è chiuse, chiuse la muntagne, le
fòjje gialle casche a un’a une e si còjje l’ulive
e la campagne, tra la nebbie, aresòne di
canzune. Sempre sta nebbie amore, gna si
còjje l’ulive e casch’a l’albere le fòjje!

‘N cim’a na scale ci sta na fijòle che
m’mézz’a l’atre voci fa da prime e
gna vuléss’aretruvà lu sole
s’aàlz’aàlze se ne va chiù n’eime.
Ah chela voce che fa da suprane
amor’amore, falle canta piane!

Le fòjje fa nu piante pe’ la vie e lu
cant’aresòne entr’a lu core gne nu
salùt’afflitte, gne n’addie di tante cose bièlle
che se more, di tante care nuode che
s’asciojje, amore, tra lu piante de le fojje!

Il cielo è chiuso, chiusa la montagna le foglie
gialle cascano ad una ad una e si colgon le olive
e la campagna, tra la nebbia, risuona di canzoni.
Sempre ‘sta nebbia, amore, come si colgono
le olive e cascano agli alberi le foglie!

In cima a una scala ci sta una figliola
che in mezzo alle altre voci fa da prima
e come se volesse ritrovare il sole s’alza s’alza
e se ne va più in cima. Ah quella voce che fa
da soprano amore amore, falla cantar piano!

Le foglie fanno un pianto per la vita e
il canto risuona nel cuore come un saluto afflitto,
come un addio di tante cose belle che muoiono
di tanti cari nodi che si sciolgono amore,
tra il pianto delle foglie!

La pastora

Regione: Trentino
Armonizzazione: Edelweiss

La storia della pastora che pascola i suoi agnelli e del lupo cattivo che si divora la più bella capretta è antica quanto il mondo rurale e rispecchia le paure più profonde che secoli di vita dediti alla pastorizia hanno accompagnato intere generazioni di contadini e di montanari. Armonizzazione Edelweiss.

E là su, su la montagna
gh’era su ‘na pastorela,
pascolava i suoi caprin su
l’erba fresca e bela.

E di lì passò un signore e ‘1
ghe diss: «Oi pastorela, varda
ben che i tuoi caprin lupo
non se li piglia».

Salta fòr lupo dal bosco con
la faccia nera nera; l’à magna
‘1 più bel caprin che la
pastora aveva.

Ed allor si mise a piangere; la piangeva
tanto forte al veder il bel caprin vederlo
andar a morte.

E picchia picchia a la porticella

Regione: Trentino
Armonizzazione: L. Pigarelli

Di questa allegra canzone popolare lombarda, già nota agli inizi del ‘900, esistono molte versioni, anche con musiche diverse ma con parole simili. La storia è quella eterna dell’amore tra due giovani, più forte di tutte le prediche dei genitori e delle maldicenze della gente.

E picchia, picchia a la porticella che la
mia bella la mi vien a aprir E co’ la
mano apre la porta e co’ la boca la mi
dà un bacin.

La me lo ha dato sì tanto forte che fin
la mamma la lo ha sentì! «Che cosa hai
fato, figliola mia, che tutto il mondo
parla mal di te?».

«Ma lassia pure che il mondo dica, io
voglio amare chi mi ama me!».

Gran Dio del Cielo

Regione: Alpini
Armonizzazione: L. Pigarelli
Uno dei più celebri canti della grande guerra, e forse addirittura antecedente, è noto e cantato in tutto l’arco alpino: racconta l’eterna storia del dolore del distacco dalle persone amate per affrontare un nemico inevitabile ed andare incontro ad un destino probabilmente tragico.

Gran Dio del cielo, se fossi una
rondinella, vorrei volare in
braccio alla mia bella.

Prendi la secchia e vattene
alla fontana; là c’è il tuo
amore che alla fontana
aspetta.

Prendi il fucile
e vattene alla frontiera;
là c’è il nemico
che alla frontiera aspetta

La Gigia l’è malada

Regione: Trentino
Armonizzazione: L. Pigarelli

Un canto allegro e po’ paradossale, noto in tutta l’alta Italia. La bella Gigia non si sente bene e chiede una visita medica. Ma si scopre che la malattia da cui è affetta si risolverà felicemente nove mesi dopo. E per giunta il responsabile è nientemeno che il medico curante, l’ufficiale di sanità!

La Gigia lè malada, oimè lè malada, ciamé
‘1 dotore, ciamé ‘1 dotore, che la guarirà.

‘L dotore l’entra in camera, oimè, l’entra in
camera, l’ ghe palpa ‘l polso: «La vostra
figlia l’è mala d’amor».
O figlia, o cara figlia, oimè

dimmi tuta la verità,
chi l’è ‘l papà di questo bel bambin

papà di ‘sto bambin 

il papà di questo bel bambino 

l’è l’ufiziale della sanità

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