Correva l’anno 1950 quando un gruppo di amici della Sottosezione Edelweiss del CAI di Torino dava vita a un coro alpino, con l’intenzione di dare una maggiore dignità ai canti che nascevano spontaneamente durante le escursioni in montagna: la guerra era finita da pochi anni e la voglia di cantare insieme era grande, nonostante le inevitabili ristrettezze economiche.

Ed eccolo il primo Coro Edelweiss in una fotografia che lo ritrae durante un concerto improvvisato nel 1952. La sala non è un granchè, si vede sullo sfondo una ragazza con un paio di sci che tradiscono l’epoca: legno di hickory massiccio, spatole larghe con un piccolo sperone e attacchi Kandahar (con la molla dietro lo scarpone) o forse addirittura Smith (senza molla del tutto). L’abbigliamento è molto eterogeneo, la divisa era ancora di là da venire, ma gli anni erano pochi e la passione era tanta. Le parti s’imparavano dapprima sulla fisarmonica di Beppe Sandri e con la supervisione di Pinuccio Davico (il primo Direttore), poi s’insegnavano alle singole sezioni del coro, per poi cantarle tutti insieme. Così, una canzone dietro l’altra, nasceva un piccolo repertorio. Si provava sempre il mercoledì sera, ma poi anche il venerdì e sovente anche il lunedì. Ogni occasione era buona per cantarne una: in treno, nei rifugi, in sede, perfino al lavoro nella pausa mensa. A fine prove, in sede, interminabili partite a ping-pong e calcio-balilla, unici divertimenti di quei tempi. Nei primi tempi il ricambio era molto intenso, e a distanza di pochi anni, del primo gruppo fondatore erano rimasti ben pochi elementi. Per motivi di lavoro, anche Pinuccio Davico dovette abbandonare. Tra i molti elementi validi entrati a metà degli anni ’50, c’era anche Franco Ramella, giù molto esperto in questo genere per la sua militanza nel Coro Monte Cauriol di Genova. A lui venne proposta la direzione del Coro Edelweiss. Con l’arrivo di Franco Ramella si chiudeva la prima età “eroica” del coro e iniziava la seconda, che doveva durare fino all’inizio degli anni ’90. Con Ramella il Coro Edelweiss compie un notevole miglioramento sia sotto il profilo tecnico sia in quello dell’impegno e della disciplina. Il repertorio si arricchisce di molti canti nuovi, in gran parte di origine SAT, ma cominciano a comparire diverse armonizzazioni curate per l’Edelweiss da Tullio Cavallero e Piercarlo Cerutti. I risultati non tardano ad arrivare. Il Coro Edelweiss partecipa a diversi concorsi, vince il primo premio al Campano d’Argento di Novara e al Concorso Nazionale di Bardineto (SV), inizia una serie di concerti nelle più prestigiose sale di Torino: il Collegio S. Giuseppe, il Conservatorio Giuseppe Verdi, l’Auditorium della RAI.

Verso la fine degli anni ’50 il Coro si presenta già in modo professionale, non solo per l’abbigliamento (calzoni alla Zeno Colò e scarponcini, giacca in stile alpino) ma soprattutto per le prestazioni artistiche. Qui lo vediamo alla rassegna “Il campano d’argento” di Novara

Nel 1963 la sottosezione Edelweiss si scioglie come gruppo alpinistico, ma in compenso il Coro Edelweiss diviene il coro ufficiale del CAI sezione di Torino, e tutti i coristi sono iscritti “in blocco” al CAI. L’anno seguente avviene il definitivo trasferimento del coro alla sede del CAI al Monte dei Cappuccini, dove le prove si svolgono nella prestigiosa “sala degli stemmi”, affrescata stupendamente nel 1893. Ogni anno si moltiplicano i concerti tenuti in teatri, parrocchie, auditorium, conservatorio, centri culturali, sedi di sezioni e sottosezioni del CAI. Si eseguono anche registrazioni radio e televisive, si partecipa a rassegne corali diverse, s’incidono dischi. A un primo e semplice 45 giri con due sole canzoni, segue due long-playing rispettivamente nel 1969 e nel 1973. Numerosissime sono le registrazioni, in parte semiufficiali in parte amatoriali, che il coro possiede, frutto degli oltre 500 concerti tenuti nella sua storia cinquantennale. La vicinanza con il CAI non viene mai meno. Quasi tutti i presidenti del CAI di Torino sono vicini al coro, ne condividono lo spirito, partecipano spesso alla sua vita; è così per Alvigini, Quartara, Grassi, Mentigazzi, Ferrero.

Il Coro Edelweiss al Pian della Mussa per i festeggiamenti del 60° anniversario della nascita della “Montanara” nel 1987. Al centro, in abito nocciola, l’Autore Toni Ortelli, tra il Presidente del CAI Grassi e Signora, nei tipici costumi della Val di Lanzo.

In seguito a ricorrenti crisi d’identità del coro, nel 1992 si consuma il divorzio tra il Coro Edelweiss e il suo storico capo coro Franco Ramella, dopo ben trentasei anni ininterrotti. L’uscita di Franco Ramella e in seguito di altri coristi è un fatto certamente traumatico, che tuttavia porta come reazione istintiva nel gruppo un rinsaldamento nella volontà di proseguire. Nel 1992 fu eletto un nuovo capo coro: Willem Tousijn. Molto diverso da Ramella sia nel carattere sia nella formazione musicale, era nel coro dal 1978 e soprattutto dirigeva giù un coro misto di buon livello, il Nigritella del Circolo dei Dipendenti Comunali torinesi, da lui stesso fondato nel 1976. Durante tutto il periodo, come maestro del coro, ha dimostrato doti come la preparazione, la bravura musicale e infine la personalità. Il Coro Edelweiss, oltre alla consolidata routine di concerti tradizionali, ha compiuto, in quegli anni, alcune prestigiose trasferte lontano dal Piemonte: nel 1995 ad Andrézieux-Bouthéon (St. Etienne) in Francia, nel 1996 in Turchia, con due concerti, uno a Istanbul nel Consolato Italiano, il secondo a Bursa negli stabilimenti Tofas, nel 1999 a Bolzano. Ha contribuito alla colonna sonora della serie “Le Alpi di Messner” di Carlo Alberto Pinelli per la RAI e ha preso parte allo spettacolo per presentazione del logo delle Olimpiadi Torino 2006. Nel 1997 ha inciso dal vivo un CD; un altro è uscito nella primavera dell’anno 2000, insieme a un volumetto che racconta la storia del Coro. Ha partecipato a numerosi concerti di notevole richiamo, tra cui l’ultimo nella Chiesa Superiore della Sacra di San Michele in Valsusa.

Il Coro Edelweiss posa di fronte al Consolato Italiano di Istanbul, prima del concerto presso l’Istituto di Cultura Italiana (1996).

Il repertorio non è fondamentalmente cambiato, anche se sono state introdotte nuove canzoni e ci si sta cimentando anche con armonizzazioni non facilissime. Resta comunque una grande continuità con la tradizione Edelweiss. Forse il modo di cantare è in parte diverso: ma questo lo deve giudicare il pubblico, che sembra gradire. Sono stati anni di duro lavoro e di forte rinnovamento nella base dei coristi: oggi l’anzianità corale media è di diciannove anni, ma il 39% dei coristi ha un’anzianità media di non più di tre anni! E il lavoro di reclutamento continua, poichè per molti “vecchi” si avvicina il momento doloroso di “lasciare” per raggiunti limiti di età… Dei trentasei coristi oggi “titolari” solo uno è tra i soci fondatori, altri due sono entrati nel primo decennio (1950-1960), mentre sono ben sedici quelli entrati dopo il 1991. Dal 1989 al 1998 il coro ha anche dovuto far fronte all’allontanamento forzoso dal Monte dei Cappuccini, per i lunghi lavori di ristrutturazione. Dopo penose, anche se provvidenziali, sistemazioni all’Istituto Richelmy, alla parrocchia di via Giusti, al circolo dell’Acquedotto Comunale, alla parrocchia Pier Giorgio Frassati, ora il Coro è tornato ai Cappuccini, nella bella Sala degli Stemmi splendidamente restaurata. Nel 2002 Willem Tousijn lascia la direzione del Coro; gli subentra Egidio Forti, che ha alle spalle una lunga militanza nelle schiere dei baritoni. Nel 2002, come maestro, subentra Egidio Forti, che, dopo una lunga militanza nelle schiere dei baritoni, si è cimentato anche in alcuni coraggiosi tentativi di rinnovamento del repertorio e del modo di presentare i canti di montagna. EGIDIO FORTI Nell’anno del cinquantenario, il maestro Azio Corghi ha espressamente dedicato al Coro Edelweiss una composizione moderna di cinque brani intitolata “Alpincord”, con rielaborazione di brani dialettali del poeta Nino Costa. Il maestro Raf Cristiano ha composto una ninna nanna su testi del corista Nicola Ambrosacchio (“Fa la nana”); il maestro Luciano Di Giandomenico ha donato al Coro il celebre “Va pensiero” di Giuseppe Verdi, armonizzato per voci maschili. Sempre al maestro Luciano Di Giandomenico e a Vittorio Antonellini si deve “La Montagna Incantata”, cantata per soprano, voce recitante, coro e orchestra, spettacolo di 70′, che il Coro Edelweiss, con l’Orchestra Sinfonica Abruzzese, ha portato in scena all’Aquila(vedere foto) e a Torino all’Auditorium della RAI.

Il Coro Edelweiss posa di fronte alla cattedrale, a L’Aquila

Ideatore della cantata è il Maestro Vittorio Antonellini, Direttore Artistico dell’Orchestra Sinfonica Abruzzese e già Presidente delle Orchestre Sinfoniche Italiane. Il filo conduttore dello spettacolo, che si articola in quattro quadri (Scenari – Alpini in trincea – Mutamenti Atmosferici ” Festa al villaggio) sono le musiche originali composte dal maestro Luciano Di Giandomenico, giovane e talentuoso compositore abruzzese. Come abruzzese è Francesco Zimei, che ha curato la selezione dei testi, con brani scelti tratti da opere significative di Massimo Mila, Mario Rigoni Stern, Primo Levi, Salvator Gotta, Piero Jahier, Mario Luzi, Cesare Pavese, Dino Buzzati e dello Zimei stesso. La voce recitante di Susanna Costaglione accompagna questo viaggio attraverso la letteratura alpina italiana del novecento. Da alcuni anni il Coro Edelweiss, in collaborazione con la Biblioteca Nazionale del CAI e con il Museo della Montagna, ha ideato e portato in scena una serie di rècital col logo “Leggere le montagne” per attore recitante, coro, pianoforte, arpa, proiezione di immagini, dedicati ad autori significativi (Buzzati, Mila, Rigoni Stern, Samivel) o a temi di carattere alpino.

Il coro presenta il Recital “Leggere le Montagne” alla rassegna “Lago Maggiore LetterAltura” tenutasi a Verbania nel Giugno 2009

Il Coro Edelweiss del CAI di Torino intende, con tutte queste iniziative, portare il proprio contributo non solo alla salvaguardia e alla conservazione del formidabile patrimonio artistico e culturale del canto di montagna, ma anche testimoniare come la cultura della montagna, in tutti i suoi aspetti, possa essere ancor oggi riproposta in modo non retorico ad un grande pubblico, per sottolineare e ribadire l’importanza cruciale, per il mondo di oggi, del rispetto e dell’uso ecocompatibile di un ambiente unico e irripetibile, la montagna.

Top